“Compassione, non punizione”: nel Regno Unito abortire (fuori dai limiti) non sarà più un reato

Con una decisione considerata il più grande avanzamento in materia di diritti riproduttivi degli ultimi sessant’anni, il Parlamento britannico ha votato a favore della depenalizzazione dell’aborto. L’emendamento, inserito nel Crime and Policing Bill, modifica la legge penale in Inghilterra e Galles, eliminando la possibilità che le donne possano essere perseguite per aver interrotto una gravidanza al di fuori del quadro legale. Approvato con 379 voti favorevoli e 137 contrari, l’emendamento – presentato dalla deputata laburista Tonia Antoniazzi – mantiene intatto il quadro normativo attuale, che richiede il consenso di due medici e prevede limiti temporali precisi per effettuare un’interruzione di gravidanza. Tuttavia, la grande novità è che le donne non saranno più incriminate se superano i limiti stabiliti o acquistano farmaci abortivi online.
In carcere per aver abortito: i casi recentiLa modifica giunge dopo anni di pressione sociale, in risposta a un numero crescente di procedimenti giudiziari contro donne accusate di aver violato le restrizioni sull’aborto. Il quotidiano britannico The Guardian riporta alcuni recenti casi eclatanti: nel 2022, un giudice della Corte di Oxford si è detto “esterrefatto” per il processo contro una giovane madre trovata in possesso di pillole abortive, pur avendo dato alla luce un neonato sopravvissuto. Il giudice ha definito il processo “una perdita di tempo” e privo di interesse pubblico.
Nel 2023, Carla Foster è stata condannata a 28 mesi di carcere per aver interrotto la gravidanza tra la 32ª e la 34ª settimana. I farmaci le erano stati forniti durante il lockdown, dopo una consulenza medica a distanza. La pena è stata successivamente sospesa. Il caso, secondo i giudici, richiedeva “compassione, non punizione”. Nel 2024, il Crown Prosecution Service ha ritirato le accuse contro Bethany Cox, 22 anni, dopo un'indagine durata tre anni. Il suo avvocato ha parlato di una donna interrogata “nel momento di massimo dolore”, che ha subito un trauma prolungato senza motivo. Ancora più recente è la vicenda di Nicola Packer, assolta lo scorso mese dopo cinque anni d’attesa per un processo legato all’assunzione di pillole abortive oltre il termine previsto: “Mi hanno rubato cinque anni di vita”, ha dichiarato con amarezza.
La riforma: “Una vittoria per le donne”Presentando l’emendamento, Tonia Antoniazzi ha sottolineato: “È una questione morale urgente. Donne vulnerabili vengono trascinate dal letto d’ospedale alla stazione di polizia”. A sostenere la riforma si sono schierate sei colleghe mediche, l’Associazione Medica Britannica e numerose associazioni tra cui Women’s Aid e la Fawcett Society. Per la presidente del Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, Ranee Thakar, il voto rappresenta “una vittoria per i diritti riproduttivi delle donne”.

Heidi Stewart, direttrice della British Pregnancy Advisory Service, ha parlato di “un momento storico” e ha ringraziato tutte coloro che hanno condiviso pubblicamente le loro esperienze traumatiche per ottenere un cambiamento. Anche il Premier laburista Keir Starmer, parlando dal G7 in Canada, ha dichiarato che avrebbe votato a favore, ribadendo il suo sostegno di lunga data al diritto delle donne a un aborto sicuro e legale. L'emendamento, ha aggiunto, rientra tra le “questioni di coscienza”, come l'eutanasia. Le modifiche non entreranno in vigore fino all’approvazione definitiva dell’intero disegno di legge da parte della Camera dei Lord e al conferimento del royal assent, ma il loro passaggio è considerato molto probabile.
Le leggi sull’aborto in EuropaNel continente europeo, le legislazioni sull’aborto variano notevolmente da Paese a Paese, riflettendo differenze culturali, religiose e politiche. In linea di massima si assiste a una polarizzazione tra Stati con leggi progressiste che ampliano il diritto all’aborto (Francia, Spagna, Svezia) e altri dove si registrano forti restrizioni o addirittura divieti (Polonia, Malta).
Tuttavia, il trend generale, con alcune eccezioni, è verso una maggiore liberalizzazione e tutela dei diritti riproduttivi, anche in risposta alla crescente consapevolezza dell’impatto sociale, medico e psicologico delle restrizioni. Ad esempio dopo il referendum del 2018, l’Irlanda ha abrogato l’ottavo emendamento e legalizzato l’aborto fino a 12 settimane e tre anni dopo, ancora con una consultazione popolare, anche San Marino è arrivato alla legalizzazione della pratica entro lo stesso termine di gestazione.
Ecco una panoramica delle principali posizioni adottate dagli Stati europei.
- Paesi con accesso relativamente libero e garantito all’aborto
In molti Stati europei l’aborto è legale su richiesta della donna entro un determinato limite gestazionale, spesso tra le 10 e le 14 settimane. In Francia è possibile fino a 14 settimane (dal 2022) e recentemente è questo diritto è stato inserito nella Costituzione nazionale, mentre in Germania alle donne è consentito interrompere la gravidanza entro le 12 settimane, dopo un consulto obbligatorio e un periodo di riflessione di tre giorni. Tra le legislazioni più permissive c’è quella dei Paesi Bassi, dove l’aborto è legale fino a 24 settimane, con supporto medico e counseling e quella della Svezia, dove si accede all’ivg su richiesta fino a 18 settimane, poi su approvazione medica. In Spagna è legale fino a 14 settimane, estendibile a 22 in casi specifici ed è stato recentemente rimosso l’obbligo del consenso genitoriale per le minorenni di 16 e 17 anni, e in Portogallo è stato legalizzato dal 2007, entro le 10 settimane. La Legge 194 del 1978 in Italia consente l’aborto entro 90 giorni per motivi personali, dopo solo per motivi terapeutici. Tuttavia, l’obiezione di coscienza dei medici limita l’accesso in molte regioni del nostro Paese.
- Paesi con legislazioni restrittive ma che consentono l’aborto in alcuni casi
Questi Stati limitano l’accesso all’aborto, ammettendolo solo per motivi di salute o in presenza di particolari circostanze. Tra le leggi più restrittive d’Europa c’è quella della Polonia, dove una donna può chiedere di interrompere la gravidanza solo in caso di pericolo di vita o stupro/incesto. Nel 2020 è stato eliminato il diritto all’aborto per gravi malformazioni del feto. In Ungheria il servizio è legalmente disponibile ma fortemente ostacolato da burocrazia, counseling obbligatori e propaganda antiabortista, così come in Slovacchia e Croazia, dov’è legale entro limiti gestazionali, ma l’obiezione di coscienza e la pressione sociale limitano l’accesso effettivo.
- Paesi con divieti o restrizioni quasi totali
In questi Stati l’aborto è vietato o severamente limitato, con pochissime eccezioni. Accade a Malta: qui fino al 2023 era vietato in ogni circostanza ma una riforma recente lo consente solo in caso di pericolo immediato per la vita della donna e con molte limitazioni. Così nella piccola Andorra in cui l’ivg è illegale in tutte le circostanze e molte donne scelgono la più progessista e vicina Spagna per abortire. Infine anche il Principato di Monaco ha leggi molto restrittive, che consentono di abortire solo in casi di gravissimo pericolo di vita della gestante.
Luce